IL RAGAZZO SOPRAVVISSUTO ALL’INFERNO NAZISTA E ALLA SUA DOLCE VENDETTA: L’incredibile vita di Gert Schramm, il primo bambino nero tedesco a sopravvivere a Buchenwald nonostante le torture e la prigionia naziste.

IL RAGAZZO SOPRAVVISSUTO ALL’INFERNO NAZISTA E ALLA SUA DOLCE VENDETTA: L’incredibile vita di Gert Schramm, il primo bambino nero tedesco a sopravvivere a Buchenwald nonostante le torture e la prigionia naziste.

Nato il 28 novembre 1928 a Erfurt, in Turingia, Gert Schramm era figlio di una donna tedesca e di un ingegnere afroamericano inviato dagli Stati Uniti. Questa eredità “meticcia” sarebbe stata la maledizione che avrebbe segnato il suo destino sotto il regime razzista del Partito Nazista.

L’infanzia segnata dai pregiudizi

Gert crebbe in un ambiente difficile. A scuola fu spesso umiliato: allo scoppio della guerra, il suo insegnante fu sostituito da un simpatizzante nazista che lo discriminò a causa del colore della sua pelle.

Dopo aver terminato la scuola elementare, voleva imparare un mestiere, ma le leggi razziali – le cosiddette Leggi di Norimberga – gli impedirono di ricevere qualsiasi formazione professionale formale. Essendo un “Mischling” (meticcio) di primo grado, fu relegato ai lavori manuali e finì come assistente in un’officina meccanica.

A quel tempo, suo padre aveva già lasciato la Germania. Durante uno dei suoi viaggi di ritorno, fu arrestato dalle autorità naziste e deportato nel campo di concentramento di Auschwitz, dove si presume sia morto.

Arresto e deportazione a Buchenwald

Nel maggio del 1944, a soli 15 anni, Gert fu arrestato dalla Gestapo, accusato di “offesa al sangue” e alla “purezza razziale” a causa delle sue origini.

Fu sottoposto a interrogatori, torture, umiliazioni e al divieto di cibo e bevande; dopo mesi di prigionia, il 20 luglio 1944, fu deportato nel campo di concentramento di Buchenwald. Lì, gli fu tatuato sul braccio il numero di matricola 49489.

Inizialmente gli fu assegnato il lavoro più duro: una cava di pietra, dove ogni giorno venivano estratti morti dai 10 ai 15 prigionieri.

Ma la sua vita fu salvata grazie alla solidarietà di altri prigionieri, per lo più comunisti, che lo trasferirono a un lavoro meno faticoso e lo protessero durante gli appelli quotidiani.

Una volta vide con orrore un giovane ebreo calpestato a morte da una guardia nazista semplicemente per essersi mosso durante una conta. Quella morte, come tante altre, rimase impressa nella sua memoria. 

Liberazione e ricostruzione di una vita

Quando Buchenwald fu liberato dalle truppe alleate nell’aprile del 1945, Gert sopravvisse. A differenza di molti altri, non fu mandato alle temute “marce della morte”. Rimase lì fino alla liberazione e poi tornò da sua madre.

Con determinazione, ricostruì la sua vita: prima lavorò in una miniera di uranio, poi in una miniera di carbone e, in seguito, dopo essersi trasferito nella Germania dell’Est, si formò come meccanico.

Divenne capo reparto presso un’azienda di trasporti e nel 1985 fondò la propria compagnia di taxi, la “Schramms Reisen”.

Gert crebbe una famiglia: era padre di quattro figli, un nonno e un bisnonno. Era attivamente impegnato nella sua comunità: era membro di un corpo dei vigili del fuoco volontari, giudice di pace e membro del Comitato Memoriale degli Ex Prigionieri di Buchenwald.

Una voce contro l’oblio: la sua eredità

Nel 2011 ha pubblicato la sua autobiografia, intitolata Wer hat Angst vorm schwarzen Mann? — “Chi ha paura dell’uomo nero?” — in cui racconta in modo crudo la sua infanzia, le persecuzioni, la prigionia e poi la sua lotta per la dignità.

La sua storia è diventata un messaggio di memoria, tolleranza e monito. Ha visitato le scuole per parlare degli orrori che aveva vissuto, sperando che le nuove generazioni comprendessero “il valore della dignità umana” e non ripetessero gli errori del passato.

Nel 2014 gli è stata conferita la Bundesverdienstkreuz am Bande (Croce al merito tedesca) per il suo lavoro come testimone storico e promotore della tolleranza.

Riflessione: dolore, sopravvivenza e dignità umana

La vita di Gert Schramm è una toccante testimonianza di quanto possa essere terribile la persecuzione razziale, ma anche la prova che la solidarietà, il coraggio e la dignità umana possono sopravvivere anche nei peggiori inferni.

La loro storia non è solo un aneddoto storico: ci ricorda che dietro leggi crudeli e sistemi d’odio ci sono persone reali, con famiglie, sogni e sofferenze. La loro sopravvivenza non è stata una “vendetta” in senso violento, ma una rivendicazione della propria umanità: vivere, ricostruire, educare, ricordare.

In un mondo ancora alle prese con razzismo e discriminazione, la vita di Gert Schramm rimane un faro di speranza. Possa la sua memoria ispirarci a sostenere la dignità di ogni persona e a non permettere più all’odio di cancellare la nostra comune umanità.

Ha pubblicato le sue memorie “Wer hat Angst vorm schwarzen Mann” (2009).

Divenne uno degli ultimi testimoni viventi della persecuzione razziale nazista contro i tedeschi neri.

Morì il 19 aprile 2016 a Erfurt, all’età di 87 anni.

Gert Schramm ha dichiarato: “Non mi sono vendicato con una pistola. Mi sono vendicato dicendo la verità affinché nessuno possa dimenticare”.

Rimane un simbolo del potere della memoria e del coraggio sereno.

Fonti affidabili:

Archivio commemorativo di Buchenwald

Ricordi “Chi ha paura dell’uomo nero?” – Gert Schramm (2009)

Museo commemorativo dell’Olocausto degli Stati Uniti – Vittime nere del nazismo

Documentario “Schwarz in Buchenwald” (ZDF/Arte 2013)

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